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Il cielo dei Greci antichi - quindi anche quello dei Romani e, di conseguenza, il nostro - risale nel suo insieme all'epoca alessandrina. Ed č un cielo tutto trapunto di forme del mito, affollato di personaggi che, con cadenza esatta, attraversano la volta celeste mostrando agli occhi umani un intero mondo di narrazioni, vera e propria mitologia astrale che ogni notte si accende, sopra le teste dei mortali, come un soffitto dipinto con immagini di dči ed eroi. Creare costellazioni - come insegna Arato - aiutň a orizzontarsi nell'apparente disordine del cielo, permise di individuare un assetto, conforme alla prospettiva umana, nello spazio infinito dell'universo, cogliendovi un ritmo cosmico. E dietro a ogni costellazione sta un racconto, o meglio una pluralitŕ di racconti. Di questi racconti la "Mitologia astrale" di Igino, testo di astronomia e insieme manuale di mitografia, offre la piů ampia e documentata testimonianza. Raccogliendo un'affascinante tradizione che in molti casi rimane attestata soltanto dalle sue parole, costituisce dunque la via regia per comprendere l'antica scienza del ciclo fondata sul catasterismo, ovvero "trasformazione in stella", versante narrativo antitetico rispetto alla trasformazione animalesca di cui le "Metamorfosi di Ovidio" presentano il quadro piů variegato della letteratura classica.