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Nella Vienna occupata dai nazisti, a Sigmund Freud č concesso il privilegio di fuggire all'estero, portando con sé i propri cari. Nella lista composta dal fondatore della psicoanalisi entrano la moglie, i figli, la cognata, le due assistenti, il medico personale con la famiglia e perfino il cane, ma non le quattro anziane sorelle, Marie, Rosa, Pauline e Adolfine. Č la voce di quest'ultima, deportata nel campo di concentramento di Terezin, a rievocare con doloroso rimpianto il rapporto privilegiato col fratello, da un'infanzia vissuta in simbiosi, in cui Sigmund era il mentore che la guidava alla scoperta del mondo, fino all'inevitabile, ma non per questo meno amaro, allontanamento nell'etŕ adulta e all'ombra tragica del distacco finale. Ne esce un ritratto inedito della Vienna cosmopolita a cavallo tra Ottocento e Novecento, descritta dal punto di vista di una donna che non avendo marito né figli non puň ambire ad altro ruolo che quello di figlia e sorella. Figlia di una madre che non perde occasione di farle sentire tutto il peso della sua inutilitŕ; sorella di un genio totalmente assorto nella costruzione del proprio mito di nuovo profeta, destinato a liberare l'umanitŕ dalle false credenze di cui si č nutrita per secoli. Una donna in fuga da una vita giŕ scritta e mai pienamente vissuta, tra gelidi rapporti famigliari, un amore tragico e il sogno irrealizzato della maternitŕ.